Banca del Tempo Libero

Le origini

Vi do carta bianca. Dovete fare una cosa che non sia
della parrocchia ma che sia della città,
perché Mestre ha tante potenzialità e anche i mezzi,
basta che voi sappiate dare fiducia; intanto, io vi aiuto.

Mons. Valentino Vecchi

L'associazione di volontariato Banca del Tempo libero di Mestre (B.T.L.) è nata nel 1981 fa per iniziativa di quattro giovani donne -una suora e tre signore sposate- che già vivevano con impegno la vita della comunità parrocchiale di San Lorenzo, nel cuore della città. Suor Emilia, Sandra, Nadia e Graziella hanno costituito la prima "squadra" d'intervento su una serie di problematiche ancor oggi attuali.

Le forme consuete di assistenza, espresse all'epoca dalla chiesa veneziana stavano diventando inadeguate o appena sufficienti a una società che cresceva e cambiava più rapidamente di quanto la comunità civile riuscisse a capirla e, per così dire, misurarla. E questa evoluzione spinta -in modo particolare nella terraferma veneziana- significava, agli occhi di quelle donne generose, che la realtà richiedeva nuovi strumenti operativi, nuove forme di partecipazione, nuovi modi di esercitare la "charis".

La B.T.L., dunque, come idea o progetto nasce nel dicembre del 1981 -in pieno clima natalizio- e ha chiare connotazioni caritative cristiane: le sue radici sono in ambito parrocchiale, ma da subito è dichiaratamente aperta alle esigenze dell'intera città. Infatti, la sua azione si sviluppa superando il perimetro della parrocchia, come dire che esce dall'ombra del Duomo.

E' un salto di qualità rispetto alle altre forme caritative, e corrisponde alla gravità e all'urgenza del problema. Situazione, del resto, che non sfugge al parroco e delegato patriarcale mons. Valentino Vecchi, il quale mette subito a disposizione del primo plotone di volontari -persone tutte "di buona volontà"- i locali necessari, cioè una "casa" dove insediare la strana Banca inventata in periodo d'Avvento.

Strana, è vero, ma subito operativa, già all'inizio del 1982, a dimostrazione che c'era bisogno di agire senza impacci burocratici e per rispondere in tempo reale alle emergenze sociali che si stavano manifestando con forza nella "giovane città" di Mestre.

Quali erano queste nuove esigenze della società italiana, e veneta? Si possono descrivere in veloce sintesi: tanti anziani prigionieri della loro solitudine; tanti ragazzi disabili (e loro famiglie); altri ragazzi con difficoltà di adattamento scolastico e famigliare; persone con disturbi mentali; nuclei famigliari con situazioni di disagio economico e di convivenza; donne sole e con bambini, provenienti da famiglie disgregate; donne che uscivano dal carcere della Giudecca e non sapevano dove andare; ragazze madri. E, poi, tante situazioni di nuova povertà, un rosario di "casi umani".

La scintilla

Ecco com'è cominciata questa avventura cittadina. Nel novembre 1981 la Borromea, cioè il foglio settimanale di informazioni della parrocchia di San Lorenzo, dà notizia dell'iniziativa pubblicando la lettera di una mamma:

Mi permetto di rivolgermi, anche a nome di alcuni genitori con figli handicappati, alla comunità di San Lorenzo per sottoporre il grosso problema del tempo libero. I ragazzi handicappati non hanno quasi nessuno che li ascolta, a differenza degli anziani che sono riusciti a smuovere enti e associazioni per risolvere parte dei loro problemi, anche di solitudine. Siamo anche per il volontariato nelle case, però crediamo sia da privilegiare il momento collettivo, come ottimale strumento per una formazione più completa ed equilibrata del fanciullo, normale o subormale che sia. Possibile che a Mestre non ci sia...?

Alla lettera segue il commento e la risposta della comunità di San Lorenzo, immediata e concreta. La nota non firmata -ma di don Franco De Pieri, allora vice parroco- risponde all'appello e invita le persone di buona volontà a costituire, dice, "una specie di Banca del tempo libero per dare una mano e un fraterno aiuto alle famiglie che hanno problemi di figli con handicap". E' il 15 dicembre 1981, dieci giorni al Natale. Il futuro dell'associazione è tutto chiuso in quelle poche parole.

Il nome adottato, Banca, si spiega in questo modo: gli aderenti, che presto diventano i soci, depositano nelle "casse" dell'associazione il proprio tempo libero, anzi liberato, cioè ritagliato dagli impegni della famiglia rinunciando a qualche svago, e lo donano alle persone più deboli e meno protette, bisognose di aiuto e che non sempre trovavano -e trovano oggi- immediata risposta nelle istituzioni pubbliche.

Il tempo è un bene prezioso e non è giusto sciuparlo, specialmente quando può essere speso per dare aiuto a chi ne ha bisogno; soprattutto usarlo con continuità, cioè non come pronto soccorso ma come missione: questo è lo spirito che da un quarto di secolo sostiene la B.T.L.

Insomma, i volontari -a titolo rigorosamente gratuito- regalano un po' del proprio tempo, offrono le loro competenze, o più semplicemente la loro disponibilità e il loro amore del prossimo che significa anche la loro carica umana. Ancora oggi, più sono i soci e più cospicuo è il patrimonio di tempo disponibile per "sanare le piaghe" non solo materiali ma, sempre più spesso, anche dell'anima. Un patrimonio di carità. E' la gratuità totale, che non prevede scambio o "ritorno" ma risponde immediatamente a un bisogno.

Alle quattro prime volontarie nel giro di pochi mesi se ne sono aggiunti altri, e via via hanno continuato a crescere, al punto da arrivare al tetto di 120, fra i quali erano attivi molti giovani. In questo ambito, si sono inseriti per diversi anni gli obiettori di coscienza, giovani che avevano fatto la scelta del servizio civile al posto di quello militare e che si sono prodigati con abnegazione e forte spirito di servizio, a rotazione, nelle varie necessità della Banca, alla quale hanno permesso di essere attiva nella città tutti i giorni e per tutto l'anno: oggi questo non è più possibile e si sente la loro mancanza.

© Banca Del Tempo Libero (B.T.L.) - Mestre (VE)